Naso (ME) , l’arte e la storia: I Normanni e la testimonianza della vita di San Cono attraverso il culto e le opere d’arte

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“Dai Tindaridi alla Madonna Nera – Storia, fede e Leggende sui Nebrodi” un progetto dell’AFEIP.
Continua l’itinerario del turismo religioso.

Su Naso, si comincia ad avere notizie certe sotto il dominio dei Normanni. Da alcuni documenti si ricava che il conte Ruggero divise il territorio di Naso tra il Vescovato di Patti e Lipari ed il fedele cavaliere Goffredo di Garres. Intanto la presenza normanna favoriva l’insediamento dei frati Basiliani i quali costruirono un grande monastero esercitando un importante ruolo, non solo religioso, ma anche logistico. Si deve a Federico Secondo, nel 1206, la riunificazione del territorio esclusivamente sotto il dominio del Vescovato. Diventato feudo, Naso passò sotto il controllo della nobile famiglia dei Barresi. Dal 1300 e fino alla prima metà del Seicento, la migliore aristocrazia locale si alternò alla guida del feudo. Ai Barresi si sostituirono gli Alagona, ai quali fu concesso il privilegio del “mero e misto imperio”.

Nel 1400, fu re Martino, dopo averla tolta proprio ai Barresi, a concedere ai Vinciguerra la Baronia, intanto diventata di Naso. Altre famiglie che esercitarono il dominio furono i Ventimiglia, i Cardona, i Ponzdeleon e i La Rocca. Con il notevole aumento della popolazione registrato tra il XIV ed il XVI secolo, il paese si sviluppò anche urbanisticamente, inglobando zone distanti dal primo nucleo abitativo. Furono costruite case, chiese e palazzi, ma anche una cinta muraria, a protezione dell’agglomerato urbano, fornita di due porte d’accesso: la porta del Castello e la Marchesana. A restare fuori dalla cinta muraria, il borgo di Bazia anch’esso, come il centro urbano, di antichissima fondazione. Urbanisticamente ebbe grande valenza la realizzazione del Monte di Pietà e del nuovo Ospedale dedicato a Santa Maria della Pietà. La tranquillità del posto richiamò a Naso vari ordini monastici.

Nel 1475 arrivarono i frati Minori Osservanti di San Francesco seguiti dai Cappuccini. Le cronache del ‘600 e del ‘700 parlano di frequenti terremoti, l’ultimo dei quali, nel 1786 provocò la distruzione del castello e della cinta muraria, peraltro già gravemente danneggiati. La ricostruzione vide in parte la trasformazione dell’antico centro abitato, Nuovi palazzi, espressione della nuova aristocrazia, si sostituirono alle costruzioni dirute. Nel 1868 il Monte di Pietà diventò circolo ricreativo, mentre il teatro Alfieri, nel 1873, prese il posto del Castello. Nel 1820, abolito il feudalesimo, veniva eletto il primo sindaco.

San Cono

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San Cono nacque durante il regno di Ruggero II. I suoi genitori erano Anselmo Navacita e Claudia o Apollonia Santapau, appartenenti a famiglie agiate di Naso, e il bambino alla nascita fu battezzato Conone.
La fama di San Cono si è divulgata per mezzo di stampe popolari come la Vita, miracoli et morti dello beato Cono da Naso, scritta nel 1549 e di cui si conosce una edizione del 1556. San Cono, secondo una leggenda, protesse Naso da un’incursione dei Turchi nella prima metà del XVI secolo: comparve dietro al Belvedere Grande del paese, dal quale si può ammirare la vallata del fiume Timeto, con le sembianze di un gigante nero avente in una mano la croce e nell’altra la Sacra Bibbia che impaurì gli invasori i quali pensarono bene di battersela. La statua del Santo che ancora oggi viene portata in processione per le vie del paese ritrae proprio le sembianze sopra descritte con una fascia, sul tronco, recitante: “Libera i devoti dal terremoto, dalla fame, dalla peste e dalla guerra (traduzione dal latino)”.

La Cappella del Rosario

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La cappella, fondata nel 1615 nella chiesa di san Pietro, distrutta nel 1874, trasferita e ricostruita nel 1934 in uno spazio laterale del Duomo di Naso, si chiama anche semplicemente “dei marmi” per la profusione di materiali lapidei dai mille colori con cui vengono intarsiati temi biblici e soggetti tratti dal mondo vegetale e animale. Dopo la ripulitura dei marmi ed il restauro del quadro della Madonna del Rosario, è stato pubblicato, dall’Arcipretura di Naso e con il contributo del Comune, il testo La cappella del Rosario: la ri-trovata identità della persona: gli autori don Pio Sirna e Giovanna Calcerano hanno contribuito a svelare il mistero celato dai simboli presenti nella cappella.

Il Museo

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Il museo che si sviluppa in un percorso espositivo di circa 260 mq., risulta suddiviso in quattro sezioni. Nella prima sezione sono esposte opere lignee che documentano nella forma plastica l’abilità di anonimi artigiani che operano su committenza della comunità locale a cui sta a cuore l’arredo delle proprie chiese. sono altresì interessanti le maioliche che evocano l’intensa attività dei “maiolicari” attivi a naso dal Quattrocento al Seicento.
Proseguendo per il percorso, nella seconda sezione paramenti antichi ed una bronzea campana si offrono nella loro straordinaria bellezza a testimoniare la fecondità di laboratori e di artigiani dell’area nebroidea. Hanno una loro specifica valenza alcuni oggetti che appartenevano a pii sodalizi e confraternite, importanti testimonianze della vitalità religiosa nasense. Nella terza sezione sono raggruppate tele ed opere lapidee. Nell’austera risonanza architettonica delle volte spicca fra tutte la “Madonna con Bambino dormiente”, tavola lignea di estrema raffinatezza, che risale ai primi decenni del Cinquecento e si ascrive alla cerchia di Joos van Cleve (Anversa 1485 ca. – 1540). Interessanti sono i due ovali attribuiti ad Olivio Sozzi (Catania 1690 – Ispica 1765) e la ricostruzione schematica della perduta “porta piazza”. La sezione quarta, costituita da piccoli vani comunicanti, raccoglie arredi argentei (calici, navicelle, turiboli, secchielli, ostensori, pissidi, reliquiari, crocifissi…).


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